Che cos’è davvero un’abbuffata?
Il termine abbuffata viene spesso usato per riferirsi a situazioni in cui mangiamo più abbondantemente del solito. Ma è davvero il termine corretto da usare? Scopriamo che cos’è e che cosa non è un’abbuffata.
Che cos’è e cosa non è un’abbuffata
Clinicamente parlando, un’abbuffata (oggettiva) è un comportamento alimentare presente in alcuni pazienti con Disturbi Alimentari e consiste nell’assunzione in un limitato lasso di tempo (ad esempio, due ore) di una quantità di cibo significativamente superiore rispetto a quella che altre persone mangerebbero nello stesso lasso di tempo e in circostanze simili.
Per parlare di abbuffata, l’elevato consumo di cibo deve essere accompagnato dalla sensazione di perdere il controllo. In alcuni casi, tale sensazione è acuta e si manifesta, ad esempio, come incapacità di fermarsi una volta iniziato a mangiare. In altri, la sensazione di perdita di controllo è invece più contenuta, se non apparentemente assente, e si manifesta ad esempio come un abbandono di ogni tentativo di controllare la propria alimentazione.
Se la quantità di cibo consumata è contenuta, ma è presente la sensazione di perdita di controllo, si parla di abbuffata soggettiva.
Se la quantità di cibo consumata è elevata, ma è assente la sensazione di perdita di controllo, invece, non si parla di abbuffata, bensì di alimentazione eccessiva.
Infine, un’abbuffata si associa ad almeno tre di questi sintomi:
- mangiare molto più velocemente del solito;
- mangiare fino a una spiacevole sensazione di pienezza;
- mangiare grandi quantità di cibo anche in assenza di fame;
- mangiare in solitudine per l’imbarazzo e la vergogna;
- presenza di sensi di colpa e disgusto/disagio.
I fattori scatenanti
Un’abbuffata viene generalmente attivata da quattro principali fattori scatenanti, che possono agire insieme o in solitaria.
- Presenza di emozioni intense, da cui la persona cerca di scappare attraverso la gratificazione suscitata dal cibo.
- Prolungata restrizione calorica o cognitiva, che costituiscono una minaccia alla nostra sopravvivenza, aumentando il desiderio e la ricerca di cibo.
- Rottura di una regola dietetica, che genera sensi di colpa e il pensiero autosabotante “Tanto ormai”.
- Assunzione di alcol o stupefacenti, che genera disinibizione.
Fatto questo quadro, possiamo capire come l’utilizzo comune del termine “abbuffata” in riferimento a situazioni in cui mangiamo più abbondantemente del solito – ad esempio, in momenti di convivialità – sia improprio e potenzialmente rischioso.
Perché sarebbe meglio non usare impropriamente il termine “abbuffata”
Riferirsi ad episodi di alimentazione eccessiva (un’esperienza assolutamente normale e comune con il cibo che tutti abbiamo sperimentato almeno una volta nella nostra vita) con il termine ”abbuffata” (un comportamento che costituisce un sintomo di Disturbi Alimentari), contribuisce a etichettare come “a-normale” tale esperienza.
Questo, a cascata, può suscitare/potenziare in chi vive episodi di alimentazione eccessiva la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato, così come sensi di colpa e disgusto/disagio nei confronti di sé e del proprio comportamento.
Il che può indurre in alcune persone tentativi di rimediare a tale errore attraverso meccanismi di compensazione (ad esempio, digiuno o attività fisica eccessiva), attivando un potenziale circolo vizioso che espone ad un rischio maggiore di sviluppare reali alterazioni del comportamento alimentare.
Dare il nome giusto ai nostri comportamenti alimentari, in un contesto in cui i Disturbi Alimentari sono sempre più diffusi, è allora più importante che mai per comprendere ciò che ci succede e normalizzare una serie di comportamenti che non hanno nulla di patologico (ma che il contesto culturale in cui viviamo ci induce a considerare come tali).
Al di là di ogni etichetta, però, se senti di avere difficoltà con il cibo e credi di averne bisogno, ricordati chepuoi chiedere aiuto.
Vuoi fare pace con il cibo, con il tuo corpo e con le tue emozioni? Clicca qui per scoprire come posso aiutarti.