Fame emotiva: se la conosci, non la combatti
Nei periodi di stress, o quando sei triste, la voglia di biscotti e patatine è alle stelle?
Nulla di allarmante, è la fame emotiva. Probabilmente ne avrai già sentito parlare in tutte le salse, ma in questo articolo non voglio raccontarti solo che cos’è la fame emotiva, ma anche a cosa serve e perché non è un qualcosa da combattere a tutti i costi.
Ma partiamo dal principio.
Emozioni e cibo: quale relazione?
La fame emotiva, in gergo fame nervosa, è la tendenza a utilizzare il cibo per gestire eventi stressanti ed emozioni negative.
Perché proprio il cibo?
- Il cibo ha un forte potere distraente. Mangiando, ci dimentichiamo per un po’ di ciò che stavamo vivendo.
- Il cibo ci gratifica e ci procura piacere. In tali situazioni, cerchiamo soprattutto cibi iper-calorici, ricchi in zuccheri e grassi, come patatine o cioccolato, in grado di stimolare le aree cerebrali del piacere e regalarci benessere e appagamento immediato.
- Il cibo è concreto, tangibile, e quindi più controllabile rispetto alle emozioni e alle situazioni che viviamo, in un certo senso “nemici invisibili”.
Date queste premesse, è facile capire perché tendiamo ad utilizzare il cibo per “risolvere” problemi che con il cibo non c’entrano nulla. Se te lo stessi chiedendo, no, non mangiamo per auto-sabotarci. Semplicemente, nel corso della nostra vita abbiamo imparato che mangiando possiamo sentirci meglio, e quindi tendiamo a reiterare questo comportamento.
La fame emotiva, in definitiva, è un fenomeno del tutto naturale e fisiologico. Non c’è nulla di male nel mangiarsi un cioccolatino per confortarsi dopo una giornata difficile. Riconoscere questo è il primo step per smettere di farle la guerra a tutti i costi.
Quando la fame emotiva merita attenzione?
La fame emotiva merita particolare attenzione quando è l’unica o la principale strategia che utilizziamo per regolare le nostre emozioni, o quando si traduce in alimentazione compulsiva e abbuffate.
In primo luogo, essa è una soluzione tampone, che ci permette, sì, di stare meglio nel brevissimo termine, ma non agisce sulle sue cause del malessere, che continuano così ad alimentarlo.
Potremmo allora considerare la fame emotiva come un campanello d’allarme e trasformarla da nemico a prezioso alleato per individuare le cause del nostro malessere. Ascoltandola, interrogandosi su cosa la alimenta, potremmo scoprire tanto di noi, ed individuare strategie più efficaci per gestire le nostre emozioni.
Inoltre, la fame emotiva può condurre ad alimentazione inconsapevole e compulsiva, se non a vere e proprie abbuffate. In questi casi, reagiamo automaticamente all’emozione: mangiamo senza decidere di farlo e senza quasi rendercene conto.
Questo modo di mangiare può generare la sensazione di aver perso il controllo o di avere esagerato, il tutto accompagnato da nuove emozioni negative, come la colpa o la vergogna. Tali emozioni, a loro volta, possono determinare un’ulteriore ricerca di cibo per essere gestire, e così via, in un circolo vizioso difficile da interrompere.
In questi casi, allora, può essere utile lavorare sulla consapevolezza e sul “pilota automatico” attraverso la Mindfulness e la Mindful Eating, in modo da bloccare in partenza il circolo vizioso.
Per riassumere, la fame emotiva non è un nemico da combattere: se la ascoltiamo, con i giusti strumenti, ci può aiutare a ristabilire un equilibrio a tavola, e nella vita.
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